Erano 68 fino a martedì 15, il giorno dei primi spareggi tra Vanderbilt e Wichita St. e Holy Cross e Southern, il 17 erano già 64 ed è scattato ufficialmente il torneo con le prime conferme e le inevitabili sorprese (bye bye Spartans). Ora sono 16, tra 3 giorni le avremo ridotte a 4, quelle che poi andranno ad Houson per giocarsi il titolo NCAA. La March Madness è un centrifugato di storie ed emozioni, noi di Threebute stavolta vogliamo raccontarvi quella di Dontae’ Jones e dei suoi Bulldogs...
(H)Akeem Olajuwon prima scelta assoluta, Michael Jordan alla terza (provaci ancora Sam), Charles Barkley alla quinta e John Stockton alla 16.
1984, splendida annata, il miglior draft della storia NBA.
Il più profondo? 1996, East Rutherford, NJ. Tre futuri Mvp, Iverson, Kobe e Steve Nash, 11 All-Stars (Stephon Marbury, Ray Allen, Antoine Walker, Jermaine O’Neal e Shareef Abdur Rahim…) e 1 prospettico Defensive Player of the Year, Marcus Camby.
E Dontae’ Antijuane Jones.
Tre mesi prima Bryant e Jermaine O’Neal erano ancora al liceo, per gli altri era March Madness.
Tre anni prima, Dontae’ era a spennare polli al Kenny Rogers Roasters di Nashville.
Il basket? Solo Midnight Recreation Basketball League, partite notturne per restare lontano dalle tentazioni, la scuola? Liceo mollato senza troppe esitazioni nel momento in cui un infortunio al ginocchio l’aveva estromesso dagli Spartans di Stratford High, la sua squadra. L’educazione “fisica” era l’unica materia che gli interessava, addio.
Vabbè no dai, arrivederci. Perché il signor Kendall Stephens, uno di quegli osservatori che nelle storie di questo genere arrivano quando meno te l’aspetti e si spingono anche fino a Nashville Tennessee, lo vede giocare e gli apre gli orizzonti. Tre letterine, N-B-A.
Nel senso di: “Puoi ancora farcela ragazzo, qui sei sprecato: mettiti a studiare, supera il GED Test (General Education Development), prenditi sto diploma e vai in uno Junior College”.
“Ero ad un incrocio – dirà poi Dontae’, con l’apostrofo perché Mammà voleva che il ragazzo si distinguesse – potevo continuare sulla mia strada e vedere dove mi avrebbe portato, o potevo prenderne una nuova, e seguire un sogno”. Si va di sogno, e presumibilmente di libri di cibernetica ed insalate di matematica perché il GED viene superato e Jones si ritrova al Northeast Mississippi Community College. Lontano dai polli di Mr Rogers, sicuramente, ma ancora ben distante anche dall’Nba. Dal sogno.
Al secondo anno, quello da sophomore, il ragazzo di Nashville segna 28.3 punti di media e sugli spalti del Bonner Arnold Coliseum cominciano ad arrivare i reclutatori.
Tra questi Richard “Rick” Williams, il coach di Mississippi State che nel 1995 arriva fino alle Sweet Sixteen, dove viene eliminata dai futuri campioni di UCLA.
Sono forti i Bulldogs, ci sono il bomber Darryl Wilson (una vita in Italia, migliaia di punti in A2) ed Erick Dampier, uno che da lì a qualche anno firmerà un pluriennale da 67milioni di dollari con i Dallas Mavericks, ci sono la pointguard Marcus Bullard e l’alettà Russell Walters. “Ci manca un solo giocatore per poter arrivare in fondo” dice Williams dopo l’eliminazione. Quel giocatore è Dontae’ “girarrosto” Jones, quello che gioca a Booneville, meno di 100 miglia dal Campus di MSU, visionato “live” dal coach in una partita da 52 punti e 21 rimbalzi. Cinquantadue più ventuno.
Convincere la famiglia Jones non è un problema, basta pronunciare le tre letterine di cui sopra. Il problema è che per passare dal Junior College al College il ragazzo deve guadagnarsi 36 crediti scolastici in una sola estate. Corsi estivi al mattino, 8-12, e alla sera, 18-21, un bel po’ di lavoro di “gruppo” e arriva un Ok che è stato inevitabilmente soggetto ad indagini da parte di NCAA e NBA e su cui le nubi non si sono ancora dissipate 20 anni dopo.
I Tigers fanno in tempo a ritirare la maglia numero 32, per Jones, che nel frattempo è diventato anche All-America, il sogno comincia a prender forma sul serio. Il suo, la NBA, e quello dei tifosi bianco-amaranto di MSU. Sono in 9000 al primo allenamento pre-stagionale dei Bulldogs, e questa sarebbe una Football University, come Sud comanda.
Dontae’ è in quintetto sin dalla prima partita, consueto rodaggio per inserirsi in un contesto in cui non è la star onnipotente e poi una partita in panchina per scontare un pessimo allenamento. Gli tocca anche studiare, Ms. Buehler e i tutor sono a disposizione in aula studio tre sere alla settimana, e bisogna andare ai corsi tutte le mattine.
Disciplina è la parola magica, con essa arrivano lentamente ma inesorabilmente anche numeri e vittorie. Quella della svolta, della grande consapevolezza, arriva il 10 marzo contro Kentucky. E’ la finale del Torneo del SEC, la competitiva Southeast Conference, MSU batte i Wildcats di Pitino con i suoi 9 futuri giocatori NBA per 84-73.
Dontae’ è straripante, segna 28 punti e aggiunge 11 rimbalzi danzando davanti ai 24.462 spettatori del Louisiana Superdome.
Un discreto biglietto da visita per il torneo nazionale, dove Jones ritroverà tutti quelli di cui sopra.
MSU ha il numero #5, va sul velluto nelle prime due partite con Virginia Commonwealth e Princeton e si ritrova a Lexington per i Regionals, dove si era fermata l’anno prima. Si rischia il triste bis, perché dall’altro lato del campo ci sono Connecticut, testa di serie numero 1 a Southeast, coach Jim Calhoun e la superstar Ray Allen. Che quella sera, il 22 marzo, segna 22 punti. Wilson risponde con 27 e una clamorosa prestazione balistica, Jones ne mette 13 con 10 rimbalzi e 4 assist e i Bulldogs trionfano per 60-55.
Nell’altra semifinale Cincinnati ha eliminato Georgia Tech (si legge Marbury), e si presenta per la finale come nuova favorita. E invece perde 73-63. Dontae’ fa impazzire l’All-America Danny Fortson, gli piazza sulla faccia 23 punti e 13 rimbalzi e MSU conquista la sua prima Final Four. Storica, perché mai fino a quel momento (ma anche fino a questo) una squadra del Mississippi era arrivata a giocarsi il titolo del College Basket.
Si gioca alla Continental Airlines Arena (oggi Izod Center) di East Rutherford, contea di Bergen, New Jersey. Sì, lo stesso posto in cui 3 mesi dopo circa si terrà il Draft. Con i Bulldogs ci sono Syracuse, che ha sorprendentemente eliminato Kansas, Massachusetts (con Marcus Camby) che ha fatto fuori Iverson (si legge Georgetown) e ancora Kentucky.
E ci sono migliaia di tifosi bianco-amaranto, compresi gli ex alunni pronti a vivere un momento storico. A suonare la tromba nella banda di MSU arriva Bill Cosby. Il tabellone prevede la semifinale con gli Orangemen di coach Boeheim e diciamola tutta, è andata bene.
I bookmakers e non solo loro cominciano a credere in un remake della finale del SEC e invece John Wallace, Todd Burgan e una zonetta dispettosa fermano la corsa dei ragazzi di coach Williams.
In finale sarà Syracuse-Kentucky, la spunteranno i Wildcats senza grossi problemi sigillando con il titolo una stagione da 34 vittorie e 2 sconfitte.
Poche settimane dopo, Dontae’ Jones firmerà con un agente dichiarandosi per il Draft Nba. Qualcuno ha sibilato che non avrebbe comunque avuto i voti per tornare, lui ha glissato, dicendo che comunque ci sarebbero sempre stati i corsi estivi. Il 26 giugno, dopo aver effettuato alcuni provini tra cui uno disastroso con i Lakers e contro Kobe Bryant, viene scelto con il numero 21 dai Knicks, con i tifosi che hanno ancora negli occhi le sue performance collegiali ed esultano dopo che David Stern ha pronunciato il suo nome. Non giocherà mai con i Knicks che prima lo perderanno per infortunio e poi lo manderanno a Boston in un pacchetto al posto di Chris Mills. Passerà poi per Napoli, ma questa è un’altra storia e ve la racconteremo, noi e lui…
Questa è quella dei Bulldogs del 1996, quelli di Dontae’ Jones, riuniti qualche giorno fa a Starkville per commemorare quella splendida cavalcata. Ora sono tutti nella Hall of Fame.